domenica 3 luglio 2011

sabato 2 luglio 2011 - CUORI SULLA TERRA - Padova

16:00 Incontro "Gli altri animali e la legge" con avvocato Lorenza Secoli
Avv. Lorenza Secoli


17:00 Incontro "Diritti per tutti. La tutela del sentimento per gli animali. Esperienza di un progetto didattico" con prof.ssa Cinzia Palladino

Cinzia Palladino




18:00 Incontro "Lasciar rispondere gli altri animali: verso un'uguaglianza dei 
diseguali" con dott. Massimo Filippi professore in neurologia
Abstract della conferenza:

Nessuna specie animale in nessuna fase della sua vita sfugge all’oppressione dell’umano, l’animale onnivoro per antonomasia. Questo, unitamente all’abnorme crescita demografica della nostra specie, fa sì che non sia più possibile contare quanti animali vengano uccisi nel mondo per soddisfare i nostri bisogni (alimentazione, ricerca, abbigliamento, divertimento e “sport”). Questa impossibilità di contare l’enormità del massacro è, però, un’impossibilità più ontologica che pratica; contare infatti corrisponde alla riduzione dell’incommensurabilità del mondo che ogni essere senziente porta con sé a un denominatore comune: un ammasso di “carne”, una cosa, un singolare collettivo pronto per essere consumato. Ma l’enormità della tragedia animale va ben oltre questo aspetto “quantitativo” ed inizia ben prima del consumo dei loro corpi. Parte centrale di questa tragedia è l’inaudita miseria che precede l’olocausto: la tragedia delle galline ovaiole e dei vitelli da carne bianca costretti per i pochi mesi della loro vita infernale alla più assoluta immobilità, quella dei pulcini maschi stritolati vivi appena nati perché inservibili alla produzione delle uova, quella degli uccelli accecati per servire da richiamo ai cacciatori per ucciderne altri, quella dei maiali bloccati in minuscole gabbie di contenzione per allattare i loro piccoli, quella dei pesci che prima di spirare nel silenzio assoluto dell’asfissia hanno circolato insensatamente nelle vasche di coltura, quella delle mucche da latte continuamente ingravidate e private della loro prole, quella di tutti quegli esseri a cui vengono, senza anestesia e compassione, strappati denti, becchi, code, testicoli per far sì che non si amputino da soli nell’orrore della loro desolazione e che vengono riempiti di antibiotici e steroidi perché ingrassino rapidamente e non muoiano prima del tempo stabilito dalla catena di smontaggio, quella di tutti quei condannati a morte che, senza capirne il motivo, vengono caricati a botte sui camion che percorrono le nostre autostrade diretti al mattatoio.


La “questione animale”, tuttavia, non è “solo” questo: la concezione stessa dell’umano e la struttura della nostra società sorgono con e dalla svalutazione animale (che, come sostengono Horkheimer e Adorno costituisce «il fondo inalienabile dell’antropologia occidentale»). L’alienazione dell’uomo dalla natura e dagli animali ha infatti assunto fin da subito l’aspetto di un confine impermeabile, di un taglio nella carne che, una volta realizzatosi, non ha più potuto arrestarsi nel suo delirio dissettorio, di un taglio che ha inaugurato tutti i tagli di carne successivi, la perenne carneficina in cui viviamo. La negazione dell’animale ci ha rinchiusi e ha rinchiuso l’intero esistente in quel grattacielo che, secondo Horkheimer, descrive perfettamente la struttura della nostra società, grattacielo «la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale». Gli animali e la morte (loro e nostra) sono così inestricabilmente connessi. Antropologicamente, perché sul loro sacrificio rituale si è fondata la società umana. Materialmente, perché con la loro morte istituzionalizzata, col sacrificio iperbolico della domesticazione, hanno fornito a questa stessa società le risorse per sopra-vivere. Simbolicamente, perché nella riduzione dell’Altro ad animale già-morto, l’ha plasmata nella forma che conosciamo. Ontologicamente, in una tautologia abissale, perché l’uomo sorge come negazione mortifera della morte (dell’)animale.

In questo intervento, dopo aver discusso l’attuale condizione animale e le possibili ragioni per cui ci troviamo qui dove samo, si proverà, seguendo Derrida e Despret, a ridare agli animali la possibilità di risponderci una volta che li si sia avvicinati con garbo, con domande educate e tenendo presente che rispondere a (essere responsivi) e rispondere di (essere responsabili) appartengono ad un medesimo gesto benigno. Per far questo, incontreremo e sentiremo cosa ha da dirci una serie di animali “letterari” o “filosofici” cercando di ricostruire la storia che ci ha portato al completo dominio sulle loro vite e provando ad aprire dei varchi nell’attuale monolitica concezione dell’umano che permettano il passaggio di bagliori di liberazione. Il leit-motiv di questo percorso erratico ed errabondo sarà quello di testare un pensiero che si muova ai margini delle linee dettate dal diritto, che sempre ha pensato ad un’eguaglianza tra uguali (tutti ricondotti ad un’inesitente figura di uomo medio) e che si lasci attraversare dal verso della com-passione (da intendersi non come pietà, ma come con-sentire e ac-con-sentire), lasciando che l’inesauribile differenza che percorre il vivente non venga trasformata in gerarchia bensì in convivenza, in un’eguaglianza tra disuguali.


Massimo Filippi, socio fondatore di «Oltre la specie» (www.oltrelaspecie.org) e redattore della rivista «Liberazioni» (www.liberazioni.org), si occupa di neuroscienze e di filosofia. In ambito antispecista ha pubblicato, tra gli altri, i seguenti saggi: Ai confini dell’umano. Gli animali e la morte (ombre corte, 2010), I margini dei diritti animali (Ortica Editrice, 2011) e, insieme a Filippo Trasatti, Nell’albergo di Adamo. Gli animali, la “questione animale” e la filosofia (Mimesis, 2010). Ha inoltre curato l’edizione italiana di libri di Charles Patterson, Chris De Rose, Tom Regan, Jim Mason e Ralph R. Acampora.

(a sinistra nella foto, Massimo Filippi)




21:00 Concerto e performance "Macello, the end" con Romina Salvadori


















Backstage:








Altre foto della giornata:











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